Chi sono, la mia storia

Gli inizi

Immagine Nicoloso con il padre

La passione per la fotografia, un’eredità paterna, nasce alla fine del liceo ma trova uno sbocco più maturo solo dalla fine degli anni 90, quando inizia ad essere strumento di un percorso intimo e profondo di presa di coscienza di me a partire da uno sguardo curioso e stupito sulla realtà da cui, probabilmente unica fra le arti, non può prescindere.

Con un percorso circolare e iterativo, la macchina fotografica è progressivamente diventata lo strumento capace di educare lo sguardo che, a sua volta, ha alimentato proprio quella curiosità e quello stupore che stanno necessariamente alla base di ogni gesto fotografico.

Il percorso

I primi rudimenti li ho ricevuti da mio padre che fin da bambino cercò di sollecitare il mio interesse; ricordo quando un anno dalla Germania mi portò una microscopica macchina fotografica di fatto mai utilizzata… se non per smontarla e scoprire poi di essere incapace di rimontarla.

Anni dopo, complice il desiderio di immortalare montagne e valli, salite sui ghiacciai dell’Ortles-Cevedale ed escursioni, fui io a chiedere di acquistarne una.

La prima fu una Ricoh 500G macchina a telemetro estremamente robusta e perfetta per tali scopi! Poi ci furono la Olympus OM1 e OM2 macchine che ho amato e usato molto e che ora giacciono sugli scaffali in bella mostra ma che mi piacerebbe recuperare alla loro nobile funzione.

Pur essendo di fondo un autodidatta non posso dimenticare i contributi formativi che ho ricevuto da Gerardo Bonomo e Stefano Bernardoni soprattutto per quanto attiene gli aspetti legati alla gestione del processo di sviluppo e stampa, e da Barbara Silbe per la lettura critica del progetto fotografico.

I miei maestri

Assai più che il dato tecnico, ciò che fin dall’inizio mi ha attratto della fotografia è la capacità di leggere la realtà cogliendo attimi di profonda intensità umana ed emotiva il cui significato va speso assai oltre la mera didascalica rappresentazione di un fatto in sé.

Sebbene non abbia avuto un maestro, nel mio percorso hanno assunto particolare importanza alcuni classici della tradizione europea (Henri Cartier-Bresson, Robert Doisneau, André Kertész) e americana (su tutti William Eugene Smith) oltre, in genere, quelli appartenenti alla cosiddetta fotografia umanistica.

Una gratitudine particolare va tuttavia a Giovanni Chiaramonte del quale con affetto e riconoscenza ricordo quando mi disse “tu non deve passare giorno che non fotografi”.  Questo invito, tanto austero nella comunicazione quanto intimamente appassionato e che è rimasto come un seme latente per molti anni, sta forse oggi germogliando.